Vertice NATO e Nuova Guerra Fredda/ NATO Summit and the New Cold War / Cumbre de la OTAN y Nueva Guerra Fría ITA ENG ES
Vertice NATO e Nuova Guerra Fredda.
Di Paolo Falconio
Membro of the Consejo Rector de Honor e conferenziere della Sociedad de Estudios Internacionales (SEI)
Purtroppo il commento su questo importante appuntamento si è concentrato, a seconda degli schieramenti, ad aspetti folkloristici come il messaggio di Rutte a Trump, invece che ad una analisi di sostanza. Trump incassa una duplice vittoria politica, soprattutto da rivendere sul piano interno. A parte il rinnovato legame di fedeltà, l' impegno europeo al riarmo per Trump si traduce nel poter ridimensionare il contributo americano in termini finanziari alla NATO, che è intorno ai 2/3 delle spese dell' Alleanza. Inoltre una parte di questo impegno si tradurrà in un vantaggio per l' industria della difesa americana.
Una vittoria politica netta, ma con grandi interrogativi. L' adesione all' obiettivo del 5% del PIL da parte delle nazioni europee, da raggiungere in dieci anni, più che un impegno è una dichiarazione di intenti. Manca, infatti, un meccanismo di controllo annuale sui reali incrementi di spesa. Questo è un vulnus non da poco in termini di concreta attuazione del piano di riarmo. La politica, ragiona sempre più in tempi brevi e con la consapevolezza che molti governi non sopravvivranno per rispondere della firma. Inoltre sono molti i Paesi che hanno scarso margine di manovra per via del sovra indebitamento, Francia compresa. Questo non vuol dire che non ci sarà un aumento della spesa militare europea, ma il 5% potrebbe essere un obiettivo troppo ambizioso. L' unica Nazione che davvero imprimerà una svolta è la Germania con il suo trilione di Euro già stanziati.
Vale la pena fare però una riflessione ultronea rispetto al vertice, sulla Germania. La campagna di arruolamento al momento attuale ha attratto 500 persone. Un fallimento totale che crea un problema di uomini rispetto alle dimensioni della nuova bundeswher immaginata da Merz. La soluzione di reintrodurre la leva potrebbe affossare il neonato governo, perché vi è l' opposizione di una minoranza nell' SPD che è assolutamente contraria. Una minoranza determinante per un governo con 12 deputati di vantaggio nel Bundestag. Se hai 1000 carri e non hai gli uomini, hai un problema. E già in Germania è uscito un manifesto firmato anche dal figlio di Willy Brandt per una riproposizione della Ostpolitik. Un errore di valutazione, perché una vittoria totale russa in Ucraina avrebbe delle conseguenze politiche devastanti sia sui governi che sull'integrità stessa dell' Unione Europea, almeno per come la conosciamo. Innescherà una serie di crepe che si tradurranno in fragilità strutturali e anche se la Russia non invaderà la Polonia, avrà da subito una postura estremamente aggressiva e costituirà una minaccia per gli assetti europei
In questo contesto la posizione degli USA verso la Russia è mutata. Di fatto Trump non ha mai dato Ordine di smobilitare l’ intelligence a supporto dell’ Ucraina e ultimamente ha interrotto unilateralmente i colloqui per la normalizzazione dei rapporti con la Russia.
Insomma, l’ Americana non intende spendere ulteriori risorse per l’ Ucraina, perché non la ritiene strategica, ma la postura USA è cambiata. La Russia è una minaccia per gli interessi americani. Una minaccia ritenuta inferiore rispetto a quella cinese, ma pur sempre minaccia.
In tre anni e mezzo di guerra, la russofobia europea e la necessità di un nemico mortale vero o presunto che sia hanno un scavato un solco profondo e non è possibile tornare indietro. I blocchi sono definiti e la Russia è una nostra antagonista. Un antagonismo ormai che prescinde dai nostri desiderata, perché è la Russia che a torto o a ragione si ritiene in guerra con l’ Occidente. Sono oltre tre anni che sacrifica uomini con questa narrazione di fondo. Se ci fosse stato uno spazio di manovra Putin l’ avrebbe colto con Trump. Nono ha fatto e al di là delle dichiarazioni di circostanza, le ambizioni di ritorno alla potenza russe, ne fanno un antagonista geopolitico degli USA.
L’ Europa dovrà comunque dimostrare un impegno concreto nel contenimento russo in questa parte del globo all’ alleato americano il quale pretende un’assunzione di responsabilità che vada oltre la prosopopea delle dichiarazioni che anzi andranno misurate per un situazione di attrito che gli USA non vogliono degeneri.
La NATO rimane per l’ Europa l’ unica garanzia di dissuasione, ma stavolta il contenitore lo dobbiamo riempire anche noi.
Vivremo in un contesto di pace ibrida con una Russia pesantemente armata, con capacità industriali e con 1600 testate atomiche operative. Benvenuti nella Nuova Guerra Fredda.
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NATO Summit and the New Cold War
By Paolo Falconio
Member of the Consejo Rector de Honor and speaker for the Sociedad de Estudios Internacionales (SEI)
Unfortunately, commentary on this important event has focused—depending on political leanings—on folkloric aspects such as Rutte’s message to Trump, rather than on substantive analysis. Trump scores a double political victory, especially one he can leverage domestically. Beyond renewed loyalty, Europe’s commitment to rearmament allows Trump to scale back the U.S. financial contribution to NATO, which currently covers about two-thirds of the Alliance’s expenses. Moreover, part of this commitment will benefit the American defense industry.
A clear political win, but with major questions. The pledge by European nations to reach 5% of GDP in defense spending within ten years is more a declaration of intent than a binding commitment. There is no annual monitoring mechanism for actual spending increases—an important flaw in terms of implementing the rearmament plan. Politics increasingly operates on short timelines, and many governments won’t survive long enough to be held accountable for their signatures. Additionally, many countries, including France, have limited fiscal room due to over-indebtedness. This doesn’t mean European military spending won’t rise, but 5% may be too ambitious. The only country truly shifting gears is Germany, with its already allocated trillion-euro fund.
It’s worth reflecting further on Germany. The current recruitment campaign has attracted only 500 people—a total failure that creates a manpower problem for the new Bundeswehr envisioned by Merz. Reintroducing conscription could sink the fledgling government, as a minority within the SPD is staunchly opposed. This minority is crucial for a government with just a 12-seat majority in the Bundestag. If you have 1,000 tanks but no personnel, you have a problem. A manifesto has already emerged in Germany—signed even by Willy Brandt’s son—calling for a return to Ostpolitik. This is a misjudgment: a total Russian victory in Ukraine would have devastating political consequences for governments and for the very integrity of the European Union as we know it. It would trigger fractures that translate into structural weaknesses. Even if Russia doesn’t invade Poland, it would immediately adopt an aggressive posture and pose a threat to European stability.
In this context, the U.S. stance toward Russia has shifted. Trump never ordered the dismantling of intelligence support for Ukraine and recently unilaterally halted talks to normalize relations with Russia. In short, America no longer wants to spend additional resources on Ukraine, as it doesn’t consider it strategic—but the U.S. posture has changed. Russia is now seen as a threat to American interests. A lesser threat than China, but still a threat.
After three and a half years of war, European Russophobia and the need for a mortal enemy—real or perceived—have carved a deep divide, and there’s no going back. The blocs are defined, and Russia is our adversary. This antagonism now exists independently of our preferences, because Russia—rightly or wrongly—believes it is at war with the West. For over three years, it has sacrificed lives under this narrative. If there had been room for maneuver, Putin would have seized it with Trump. He didn’t. Beyond the usual statements, Russia’s ambitions to reclaim great power status make it a geopolitical rival of the U.S.
Europe must now demonstrate concrete commitment to containing Russia in this region to its American ally, which demands responsibility beyond grandstanding. Declarations will be measured against a backdrop of tension the U.S. does not want to escalate.
NATO remains Europe’s only deterrent guarantee—but this time, we must help fill the vessel ourselves.
We will live in a context of hybrid peace with a heavily armed Russia, industrial capabilities, and 1,600 operational nuclear warheads.
Welcome to the New Cold War.
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Cumbre de la OTAN y Nueva Guerra Fría
Por Paolo Falconio
Miembro del Consejo Rector de Honor y lecturer en la Sociedad de Estudios Internacionales (SEI)
Lamentablemente, el comentario sobre esta importante cita se ha centrado, según las posturas políticas, en aspectos folklóricos como el mensaje de Rutte a Trump, en lugar de un análisis de fondo. Trump obtiene una doble victoria política, especialmente útil en el ámbito interno. Más allá del renovado lazo de fidelidad, el compromiso europeo con el rearme permite a Trump reducir la contribución financiera estadounidense a la OTAN, que equivale a aproximadamente dos tercios del gasto total de la Alianza. Además, parte de este compromiso beneficiará a la industria de defensa estadounidense.
Una victoria política clara, pero con grandes interrogantes. La adhesión al objetivo del 5% del PIB por parte de las naciones europeas, a alcanzar en diez años, es más una declaración de intenciones que un compromiso real. Falta un mecanismo de control anual sobre los aumentos efectivos del gasto. Este es un punto débil considerable para la implementación concreta del plan de rearme. La política piensa cada vez más a corto plazo y con la conciencia de que muchos gobiernos no sobrevivirán para responder por la firma. Además, muchos países tienen escaso margen de maniobra debido al sobreendeudamiento, incluida Francia. Esto no significa que no aumentará el gasto militar europeo, pero el 5% podría ser un objetivo demasiado ambicioso. La única nación que realmente marcará un cambio es Alemania con su billón de euros ya asignado.
Sin embargo, vale la pena hacer una reflexión adicional respecto a la cumbre, sobre Alemania. La campaña de reclutamiento actualmente ha atraído a 500 personas. Un fracaso total que genera un problema de personal respecto a las dimensiones del nuevo Bundeswehr imaginado por Merz. La solución de reintroducir el servicio militar obligatorio podría hundir al recién nacido gobierno, ya que existe la oposición de una minoría del SPD que se muestra completamente en contra. Una minoría determinante para un gobierno con 12 diputados de ventaja en el Bundestag. Si tienes 1000 tanques y no tienes personal, tienes un problema. Y ya en Alemania ha aparecido un manifiesto firmado incluso por el hijo de Willy Brandt para un relanzamiento de la Ostpolitik. Un error de juicio, porque una victoria rusa en Ucrania tendría consecuencias políticas devastadoras tanto para los gobiernos como para la propia integridad de la Unión Europea, al menos como la conocemos. Provocaría una serie de fisuras que se traducirán en fragilidades estructurales y, aunque Rusia no invada Polonia, adoptará de inmediato una postura extremadamente agresiva y se convertirá en una amenaza para el equilibrio europeo. La brecha que se ha abierto es profunda. Viviremos en un contexto de paz híbrida y, en ausencia del apoyo estadounidense a la política europea del enfrentamiento directo, Europa no tendrá ninguna posibilidad de infligir una derrota estratégica a una Rusia fuertemente armada y con 1600 ojivas nucleares operativas. Bienvenidos a la nueva Guerra Fría.
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